E grazie al buon Cronista che ne tenne memoria, nella chiesa di San Giovanni nel giorno 13 di gennaio, in cui ricorre il Perdono universale, Ippolito dei Buondelmonti rimase preso di Dianora di Amerigo (Oh! come suonano soavi questi bei nomi italiani, quando non sono vani nomi; e noi senza pure badarvi troviamo averli scritti in caratteri meglio formati del resto, non solo per comodo dello stampatore, ma eziandio pel diletto di trattenerci su la loro armonia). Mentre il popolo stava per abbandonare la Chiesa, Ippolito volgendo la favella a certo suo famigliare, non vide più la sconosciuta bellezza. Si affrettava alla porta, dicendo al compagno - per vedere le donne, - non gli bastando l'animo di dire la donna: quando poi scorse Dianora, mutò colore e non aggiunse parola. Ella gli strisciò da canto, come cosa di Paradiso, abbassandosi il velo sul volto, e sebbene ei l'affissasse da improntarne la immagine nel profondo, gli parve averla veduta così di fuga in un sogno. Non aveva ardimento di farle motto, nè meno di cercarne il nome, se non che lo favoriva la ventura. - "Dio e San Giovanni benedicano la sua bella faccia!" - gridò un poverello alla porta;" - "sempre mi dà l'elemosina doppia degli altri." - "Maladetta lei!" - mormorava il famigliare d'Ippolito, - "ella è dei Bardi!" - Notò l'amante ambedue l'esclamazioni, e ne fece tesoro. Ippolito, come colui che molto si dilettava dei libri che ragionavan di amore, ed era amico co' più liberali delle due fazioni, cioè Dante Alighieri (il sì famoso) e Guido Cavalcanti, sebbene feroce partigiano, e di breve imp
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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