Tra questi fu primo il compagno che maledì la Dianora quando prima si offerse agli occhi d'Ippolito, imperciocchè quantunque ignorasse la sua passione per lei, e l'amore ch'ella gli portava, non sapeva perdonargli l'universale benevolenza, e i modi leggiadri.
Ippolito trasse con gran pena a casa la persona inferma. Nei giorni successivi tentò per ben tre volte condursi fino al palazzo Bardi; - pensoso poi di potersi ridurre alla propria dimora, rimaneva. Un fiero morbo finalmente lo assalse, e giacque ammalato. O qual sarebbe stata la sua gioia, quale il dolore, se avesse saputo come in condizioni non punto diverse si trovava l'amata donzella! - Adesso la povera zia dubbiava in singolare perplessità, e il peggio stava nell'averle affermato la Dianora che sarebbe morta dove ella aprisse il suo amore a lui, o a chiunque praticasse con lui; a tutti insomma. Onde non sapeva a qual partito appigliarsi la povera zia: in mente talora ragionava, che morte certa avrebbe colto i due cari giovani, se più a lungo tenessero celata la interna passione, nè temeva la morte conseguenza del manifestarsela; e così irresoluta esitava su due o tre argomenti che decideva seguitare, quando, per buona ventura, la sorprese la visita di tale persona, che sopra ogni altra al mondo desiderava vedere, - la madre d'Ippolito.
Le due madonne volenterose si aprirono le scambievoli intenzioni, e con argomenti acconci a confortare gl'innamorati giovani si separarono. In qual maniera una madre giungesse a penetrare i segreti pensieri del figlio, non importa dirlo; neppure importerà raccontare quale e quanta fosse la gioia loro allorchè stettero sicuri dello scambievole amore.
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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