- Addio! Io non vo' vederti morire; - ma tu lo vedrai, vilissima creatura. - Or via, io non posso parlare più oltre: - va, donna dal cuore impudico; non io, tu spargi il suo sangue: - va! - e se puoi sopravvivere a quella vista, godi della vita ch'io ti dono."
XIII.
E qui l'austero si celò la faccia, imperciocchè nella fronte gli si gonfiasse la vena, come se il tepido sangue, condensato nel cervello, tornasse a sgorgare di nuovo. - La tiene china per alcun tempo, e poi con mano tremante si scopre gli occhi. - Intanto Ugo sollevando le mani incatenate impetrava brevissimo indugio per essere ascoltato da suo padre. Il silenzioso genitore non vieta quanto le sue parole domandano. "In me non alberga paura di morte, però che tu mi abbia veduto correre tutto sanguinoso per la battaglia, e perchè i tuoi vassalli non hanno strappato a forza un ferro inutile a questo mio braccio, il quale versò più sangue per te, che non potrà la scure versare del mio. Tu il desti, - tu puoi ripigliare il mio fiato; dono di cui non ti ringrazio. Non sono peranche obbliate le ingiurie della madre mia: il suo amore vilipeso, il nome contaminato, il retaggio dell'onta pei suoi discendenti; - ma ella giace nel sepolcro dove il suo figlio, il tuo rivale, dee tosto raggiungerla:.... il suo cuore rotto, la mia testa mozza, faranno testimonianza della morte, come fedele, come tenera fosse il tuo amore giovanile, e la tua cura paterna. - Bene è vero ch'io t'abbia fatto ingiuria, - ma oltraggio per oltraggio. Tu conoscesti, e da gran tempo, che questa reputata tua sposa (nuova vittima del tuo orgoglio) per me si destinava: tu la vedesti, la sua vaghezza desiderasti, e il tuo proprio delitto, la mia vituperosa nascita mi rinfacciasti, - e mi dicevi di basso stato, ignobile marito alle sue braccia, poichè in vero io non abbia diritto alla legittima condizione del tuo nome, e non possa sedermi sul trono della casa d'Este.
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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Ugo Este
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