Di nuovo la tribù in festosa corona si affolla intorno la porta del castello di Alva; echeggiano forte le liete armonie: tutto rimembra la gioia primiera.
Ma qual è quegli di cui la fronte oscura attrista in mezzo del giubbilo universale? I suoi occhi tramandano un colore più sinistro della fiamma cerulea, che viene meno nel focolare.
Nero ha il manto che veste la sua forma, e la sua piuma ondeggia di rosso sanguigno, la sua voce è simile alla tempesta; lieve e senza traccia il suo passo.
È mezzanotte: la tazza va in giro, bevono largamente alla salute dello sposo, - le volte rimbombano di gridi, e tutto si unisce a fare plauso all'ultimo sorso.
Subitamente si leva lo straniero barone, i clamorosi circostanti si acquietano, le guancie di Angus ardono di maraviglia, il dilicato seno di Mora ne diventa rosso.
Vecchio,
- gridò, "questa coppa è vuota, tu lo vedesti: ma ella fu debitamente bevuta dalle mie labbra: - io propiziai alle nozze di tuo figlio; ora chiedo a mia posta una coppa da te.
Mentre qui attorno è tutta gioia per benedire la lieta ventura del tuo figliuolo Allan, dimmi, non ti rimane un altro figlio? Dimmi, perchè dimentichi il tuo Oscar?"
Ahimè!
rispose l'angoscioso genitore; e gli scendeva parlando una grossa lacrima; "quando Oscar disertò il mio castello, o cadde morto, il mio antico cuore quasi si ruppe.
Tre volte la terra ha rinnovato il suo giro da poi che il sembiante di Oscar non benedice il mio occhio: adesso Allan è la mia sola speranza, dacchè il mio prode Oscar è morto o fuggito.
| |
Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
|
|
Alva Angus Mora Allan Oscar Oscar Oscar Allan Oscar
|