Però non sembra che possa revocarsi in dubbio come una Saffo si precipitasse dalla rupe di Leucade per un Faone pilota di Mitilene, bello sopra ogni altro mortale, o per dono di Venere, che sotto forma di vecchia condusse senza nolo traverso i mari di Grecia, o per ritrovo della pianta misteriosa eryngio, la quale aveva virtù d'innamorare tutte le donne del fortunato suo possessore. Ma questa Saffo non fu la nostra rispettabile madre di famiglia, nata in Lesbo e morta a Mitilene, bensì di Eresa, e cortigiana di professione... nè questo suo stato dissuade da credere che per amore si conducesse a morte, perocchè avvenga talora anche ai fabbri di scottarsi le mani!
Le poesie poi di Saffo, pervenute fino a noi, non possiamo dire che sieno molte, ma neppure le pochissime voltate in quasi tutte le lingue del mondo. Anzi a me pare che la famosa Ode a tutti nota e da tutti dopo Longino o piuttosto Dionisio di Alicarnasso celebrata nel Trattatello del Sublime, non sia la più ammirabile tra le poesie di Saffo; e se io m'inganno, lo giudicherà il lettore:
O figlia, alma di Egioco, Venere immortale, che siedi sopra un trono splendido, e che sai argutamente apprestare le insidie di amore, io ti scongiuro a non opprimere l'anima mia sotto la gravezza dell'angoscia e del dolore. Scendi invocata dalla mia preghiera, siccome altra volta scendesti, abbandonate le sedi paterne sopra un carro di oro. I tuoi posteri leggiadrissimi ti conducevano dall'Olimpo traverso l'aria percossa dalle rapide penne.
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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