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      I figliuoli dormono profondamente. La moglie sta in dormiveglia, lusingata da sogni piacevoli, e lo schiavo si corica presso al focolare. La procella imperversa e mugghia terribile. - Ascoltate! Qualcheduno batte alla finestra. -
      Chi è là?
      Maestro, lasciami entrare.
      Che ci è egli di nuovo? Perchè vieni a vagare qui intorno? Il diavolo ti mena, ed io non so che cosa farmi di te. Qui nella mia Isba fa buio, e per te non ci è luogo: vattene via.
      Però lo schiavo curioso con mano indolente schiuse alcun poco la finestra. - La luna trapelò un istante tra due nuvoli neri, ed egli vide.... che cosa mai vide? - Un uomo ignudo, con le pupille fisse e inanimate, la barba stillante acqua, il corpo sventrato, con granchi neri che si arrampicavano sopra le viscere!
      Rimane immobile lo schiavo; il sangue gli si gela dentro, le mani suo malgrado gli cascano giù penzoloni: poi gli dà coraggio il terrore, e chiude con impeto la finestra perchè ha riconosciuto lo ignudo suo ospite.
      Tu possa crepare!
      mormora lo schiavo tremante; i pensieri in mente gli si confondono così da diventarne matto. Tutta la notte abbrividisce, e per tutta la notte sente picchiare alla finestra e alla porta.
      E sapete voi quale storia funesta si è sparsa tra il popolo? Affermano che tutti gli anni in cotesto giorno da quel tempo in poi lo sciagurato schiavo attende il suo ospite. Il tempo la mattina diventa fosco, la notte la procella infuria spaventevole, e l'affogato picchia e ripicchia ostinatamente alla porta.
     
     
     
      EPITAFFIO DANESE.


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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze
1847 pagine 469

   





Isba