Sembra che gema Dio su la Natura.
Dai campi seminati di umane ossaTorna la squadra, e il trepido sospiro
Cessa la sposa amata che si è mossaAl caro amplesso, ed il padre deliro
Di abbracciare il figliuol pria che alla fossaLasci la carne e a Dio l'eterno spiro.
Securo che nel dì di morte santoEi glieli chiuda, or terge agli occhi il pianto.
Gino non torna a Oretta. Sventurata!
La mano della madre il bianco veloAvea trapunto, e i fior di fidanzata
Esultante reciso dallo stelo.
Quella mano per morte ora è ghiacciata!
Rigido stringe quei fioretti il gelo!
La squilla i prodi alle difese affretta;
Gino partiva e non tornò più a Oretta.
Ei non reddiva più. La disiosa,
- Come colei che il suo mal teme, e spera, -
Ne fea dimanda: - Il cavalier riposaNella morte, risposerle; - sua schiera
Combattendo perì da valorosa, -
Chè co' forti quel giorno Iddio non era. -
Volse al ciel gli occhi Oretta, e dolce in attoDisse: - Signore, il tuo voler sia fatto.
Buio d'Inferno per lo cielo assembraNotte, e sul mondo per silenzio tetro
Solennemente spiegalo, e rassembraManto di trapassato in sul feretro;
E il cupo mugghio del mare rimembraGente che pianga in lamentoso metro,
Nè tutt'uom dentro le paterne porteDorme il sonno fratello della morte.
Per questa notte dubitante e lentoMove Gino alla casa del suo amore;
Chè giacque offeso e non rimase spentoNel giorno maledetto del furore.
La casa è vuota, e sol vi stride il vento;
Ond'egli grida in voce di dolore: -
Oretta, - Oretta, non ti vedrò più!
L'eco dei monti gli risponde - più.(117)
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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