- Ah! m'ingannai. -
Se come scellerata io son punitaA inaridirmi nel sospetto, questa
Innocenza che giovami? - VersatoFu il sangue qui del mio fratello... O terra,
Dal dģ che l'empio diffuse la primaMorte sul volto all'uomo, tu bevesti
Pił sangue che rugiada; eppur vestitaDi luce, - eterna in tua beltą sorridi,
E pietosa raccogli entro al tuo gremboE i giusti e i tristi - tutti! - Č la tua faccia
Cener di morte: - calpestiam la polveDei padri noi, - calpesteranno i figli
La nostra... O terra, una gran tomba sei!
Non pertanto sorridi... Oh! quanto meglioEra non esser nati. - Ecco il vestigio...
Dio gią lo vide... Oh! a te non sorga il gridoDi vendetta da questo... e s'ei surgesse...
Non ascoltarlo, - no, - rimanga inulto; -
Fu sparso senza offesa: - ma nol veggaLa gente... deh! nol vegga... Oh! se uomo mai,
Questo luogo accennando, e altrove il voltoPer orrore volgendo: - Un Cancelliero, -
Dicesse, - lą trafisse un Cancelliero, -
Oh I quanta infamia: - celisi, - nol veggaLa gente, - deh! nol vegga(137).
SCENA VI.
LEMMO, E DETTA.
LemmoPerchč quello
Che in pensando il tuo cor freme, - in altruiVuoi sospettar? - Questo non č nč giusto
Nč onesto; e il nome nostro delle gentiAll'orecchio fin qui non suonņ infamia.
L'anima sconfortata nel doloreNon ode l'argomento della mente,
Nč palpito paterno ragion vince! -
O auguste mura dei miei padri(138), - un giornoMen superbe sorgevate, ma certo
Di tutela ospital, di cortesiaVi riparava il perseguito, - certo
Delle oneste accoglienze il cavaliero; -
Come della innocenza e del valore
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Scritti
di Francesco Domenico Guerrazzi
Le Monnier Firenze 1847
pagine 469 |
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Cancelliero Cancelliero
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