Laureatosi poi in legge, e ritornato a Livorno, nel 1831 ebbe una condanna di sei mesi di confino a Montepulciano, apparentemente per avere espresso idee troppo ardite in un elogio di Cosimo Del Fante, vecchio soldato delle guerre napoleoniche, elogio che egli lesse nell'Accademia labronica, ma in realtà perchè caduto in sospetto di avere aiutata l'Umbria ad insorgere.
A Montepulciano fu a visitarlo Giuseppe Mazzini. Quelle due grandi anime s'intesero, e suggellarono in un bacio fraterno la loro fede all'Italia. Noi non sappiamo le parole che il Mazzini e il Guerrazzi si scambiarono; ma certamente dovettero essere parole di fuoco.
Dopo i sei mesi di confino, il Guerrazzi andò a Firenze, smaniosissimo di fare. Colà strinse amicizia con Pietro Colletta, con Gabriele Pepe, col Giordani, col Leopardi, col Capponi, col Ranieri, con quanti erano a Firenze e letterati e patriotti, ma non trovò in tutti lo ardimento che lo animava. I più credevano immaturi i tempi ed erano di avviso che si dovesse ancora aspettare. Egli no; e, d'accordo con pochi, fece. Cercò di rovesciare il governo granducale e di dare così alle cose di Toscana un più libero assetto. Ma, scoperto, fu rimandato a Livorno "con ordine di non uscire dalle porte e ritirarsi a casa alle ore ventiquattro", com'egli ci narra. Oggi si direbbe: fu ammonito. Ciò non per tanto, continuò in Livorno a darsi da fare; e fu largo di aiuti di ogni sorta coi perseguitati dal governo papale che, fuggiti di Romagna, erano di passaggio per la Toscana.
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