Vi rimase fino a che il danno e la vergogna della patria durarono. Nell'epico cinquantanove ricomparve in Toscana, e molto si adoperò per l'annessione di quella terra al regno unito d'Italia. Fu quindi eletto deputato prima a Rocca S>. Casciano, poi a Livorno, poi a Casalmaggiore, poi a Caltanissetta, finchè, nelle elezioni del 1870, con patente ingiustizia ed ingratitudine, non venne lasciato in disparte; di che molto egli si accorò ed indispettì.
Nella camera dei deputati il Guerrazzi sedè costantemente a sinistra, e spesso parlò, ascoltato sempre. Memorabile è il discorso che pronunziò contro la cessione di Nizza alla Francia. Disse parergli delitto levare col voto la patria a Garibaldi, quando egli, per ridarci con la spada la nostra, aveva messo a repentaglio la vita; e ammonì che cedere Nizza alla Francia era lo stesso di conficcare un chiodo netta bara della unità italiana.
Generose, magnanime parole, ma vane!
Contro la setta dei moderati, come egli la chiamava, il Guerrazzi se la prese a morte, e attribuì ad essa tutte, o quasi, le disgrazie che poi all'Italia derivarono. Ma se egli avesse vissuto ancora, avrebbe detto forse egualmente di coloro che ai moderati successero nel governo della cosa pubblica, poi che gli uni non gli sarebbero parsi molto migliori degli altri.
Ritiratosi a vita privata, nella sua nativa Livorno, fu spettatore di vergogne e di codardie senza nome. e ne rimase stomacato. La ingratitudine della nuova Italia, al cui risorgimento sapeva di aver tanto contribuito, lo ferì nel più vivo dell'anima.
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