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      A quella tomba le madri italiane conducano i figli, e dicano loro le parole che nella splendida introduzione alla Beatrice Cenci il Guerrazzi scrisse di sè:
      Qui dentro riposa un uomo, che ebbe la fortuna nemica fino dall'ora che gli versarono sul capo l'acqua del battesimo: tutta la sua vita fu una lunga lotta con lei; ma le lotte con la fortuna assomigliano a quella di Giacobbe con l'Angelo. Superato, non vinto, amò, soffrì e si travagliò del continuo pel decoro della Patria. Non provò amici popoli, nè principi; - lo saettarono tutti. Dall'alto e dal basso gli lanciarono strali crudeli. Parte di vita gli logorarono le carceri; parte l'esilio. Prigioniero, meditò e scrisse: libero, si affaticò per la salvezza comune, e principalmente per quella de' suoi nemici ed emuli. Invano la ingratitudine tentò riempirgli l'anima d'odio. Le acque dell'affanno lasciavano ogni amarezza nel passargli sul cuore. Offeso, gli piacque la potenza, e la ebbe per dimostrare col fatto, che tenne la vendetta passione di menti plebee: nè perdonava soltanto, ma (più ardua cosa assai) egli obliò.
      La spada della legge, confidata nelle sue mani, non convertì in pugnale di assassino. - Quando altro non potè fare, col proprio seno tutelò la vita di uomini che sapeva essergli stati, e che avrebbero durato ad essergli, nemici. - Il popolo un giorno lo ruppe come un giuoco da fanciullo; i potenti lo gittarono alle moltitudini insanite come schiavo nel circo delle fiere. Consumato nelle viscere, egli cadde sopra un mucchio di rovine e di speranze; e non pertanto, morendo, lasciava alle genti il desiderio di costumi migliori, e di tempi meno infelici.


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La vendetta paterna - Lettere inedite - Predica del venerdì santo
di Francesco Domenico Guerrazzi
Perino Editore Roma
1888 pagine 162

   





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