Fanfaluche!
esclamò Orazio avviluppandosi nel gabbano, e mutando fianco sopra il letto di foglie, che si era fatto sotto la quercia.
E come potete voi affermare che le sono fanfaluche?
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Perchè lo so. - Ah!, soggiunse poi troppo più dura sorte incolse a quei miseri.
In fede di Dio, interrogò una voce diversa che usciva da un cespo, che cosa mai poteva loro accadere di peggio?
Marco, rispose Orazio con parole lente, e pàrti poi gran male la morte se ti coglie subita, e improvvisa? Di minuto in minuto limarti anima e corpo, e mandarteli dispersi come limatura di ferro, allungarti l'agonia, e non darti la morte, lasciarti la smania di rifuggirti sotto terra, e levarti il flato di percuoterla, e dire: o terra, cuoprimi! Questo vedi, Marco, è troppo peggio della famosa spinta che un giorno o l'altro ti darà mastro Alessandro, per la quale fa conto di trovarti nello altro mondo senza che tu te ne accorga nemmeno.
E pure, riprese il bandito che fu primo a parlare, che il caso dei figli del Marchese di santa Prassede fosse successo per lo appunto come io l'aveva contato seppi per cosa certa da un cugino della cognata del guardaportone del palazzo Massimi, che di coteste faccende doveva essere a parte meglio di voi. A voi chi lo ha raccontato, Orazio?
A me? Nessuno.
Or dunque, come lo sapete?
Io ho veduto morire i figli maledetti.
La notte è lunga; e al sonno, quando posa su le palpebre del bandito, par di sedere su i pettini da lino: or dunque narraci questa storia, Orazio; noi ti staremo a udire.
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