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      - E neanche io voglio credere, che la Siciliana il facesse per cupidità di averi; - forse per la molta piacevolezza e bontà del Marchese di che ho parlato; forse lo studio di uscire dalla abiezione in cui ella si trovava, che in queste faccende si ha un bel dire i panni non rifanno le stanghe, e vergogna non cuopre broccato d'oro; forse anche veruno di questi motivi, e la vaghezza di mutare stato, fosse anche in peggio, governa i cervelli degli uomini, e quelli delle donne molto più.
      Don Flaminio, come i vecchi amanti costumano, sospettoso non gli venisse sturbato il disegno, sposò in segreto e senza farne motto a nessuno la sua bella donna; e un bel mattino, parendogli avere espugnato Cartagine, ne menò trionfo per Roma a mo' di Scipione Affricano. - I vecchi, come pratichi delle faccende del mondo, vedendo quella nuova cosa stringevansi nelle spalle, tentennavano il capo, e tiravano innanzi. Giunto al palazzo don Flaminio petulante e festoso come fanciullo, raduna i figliuoli e la famiglia dei servi; e presa per mano la bella Siciliana, la presentava loro dicendo:
      Figli miei, della mia esultanza esultate; io vi ho dato una nuova madre in questa mia consorte.... Marchesa di santa Prassede....
      I figliuoli lo interruppero levando al cielo un grido acutissimo di dolore e di rabbia, dal quale rimasto il vecchio Marchese sbalordito, non seppe che cos'altro aggiungere di buono; ma perduta affatto la tramontana se ne andò per le corte, aggiungendo con voce commossa, che indarno però sforzava di rendere severa:


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La vendetta paterna - Lettere inedite - Predica del venerdì santo
di Francesco Domenico Guerrazzi
Perino Editore Roma
1888 pagine 162

   





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