Voi, miei figliuoli, onoratela come mia consorte; e voi, servi, obbeditela come padrona: non occorre altro; andate.
Io che, come staffiere in casa al Marchese, chiamato con l'altra famiglia mi trovava presente a cotesto fatto, pensai vedere, ma avrei giurato aver veduto per certo una mano di scheletro girare lenta lenta per l'aria, e tracciare un cerchio dentro del quale venivano come ad essere comprese tutte quelle teste.
Il vecchio Marchese si chiuse nelle sue stanze, e quivi rimase tutto giorno presso l'amata donna, consolandola con molli carezze e dolci parlari come giovanotto per la prima volta innamorato. I padroni giovani non furono visti in palazzo che a notte tarda, tranne Pompeo, il quale per essere tuttavia fanciullo stette in casa, ricusando però ostinatamente sempre sedersi in grembo alla bella Siciliana, che lo tirava a sè con modi soavi, e gli andava offerendo baci e confetti; anzi avendogli detto:
Don Pompeo, io vi farò da madre,
il giovanotto le rispose stizzito: "A me non fa mestieri altra madre che donna Vittoria Savella, la quale a quest'ora è lassù;" e col dito indicava il cielo.
Non pareva davvero che in casa fossero state celebrate nozze, bensì mortorio; però che assai prima del consueto il palazzo fosse sepolto nel silenzio e nelle tenebre, - precursori della tempesta.
Fortuna volle che a don Flaminio, il quale in corte del Papa teneva ufficio di camerario privato, ricorresse la volta nella prossima mattina; onde egli per non mancare si levò per tempissimo, e si abbigliò squisitamente di gala come costumano i vecchi, che studiano riparare con l'arte le offese degli anni: premeva a lui (che passata la prima notte aveva incominciato ad accorgersi del granchio preso) non gli fruttassero discredito in corte gl'improvvidi sponsali; e raddoppiando di reverenza e di zelo sperava che non glieli apponessero a torto, o alla più trista valessero a temperarne la sinistra impressione.
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