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      .. Che fa egli il padre tuo?...
      Egli è morto cinquanta anni fa.
      Ouf! Senti, famiglio, tu sai quanto sia il credito di casa Massimi, in ispezie pel suo parentado con la clarissima casa Colonna, e tu mi pari garzone troppo...
      Eccellenza! garzone io? Traverso il buco della chiave vi servono male gli occhi; io ho sessanta anni suonati...
      Ciò non monta, famiglio; io posso farti favore se ti preme avanzarti di ufficio.
      A me non preme altro, che riscuotere i millecentonovantasei ducati e baiocchi quindici...
      E non si potrebbe risparmiarne almeno cento. e più... vedi un po' se ti riesce...
      Me li date, o non me li date...?
      Via, anche sei...
      Famigli, atterrate la porta.
      Al diavolo te e la tua infame schiatta, brutto Giuda Scariotte: statevi indietro se la vita vi preme, che or ora vi pagherò.
      Quindi a breve si schiudeva a mala pena la porta, e ne usciva una mano scarna, che agguantava un sacco di moneta; e questo in gran fretta rovesciato si ritirava la mano come lampo, si chiudeva la porta con impeto, e si udiva per dieci minuti il cigolio di catenacci, paletti e bracciòli. - In una parola, il diavolo dell'avarizia aveva preso possesso dell'anima sua.
     
     
     
      V.
     
      Don Luca Massimi
     
      A don Luca poi capitò per la testa un'altra strana fantasia: si mise a voler trovare il modo di fabbricare dell'oro, non mica per vaghezza di oro, oibò! bensì per comporre l'oro potabile da prolungare la vita; ed affermava come questo fosse altra volta accaduto, e doveva rinnovarsi: anzi su tale proposito raccontava che certo bifolco, nelle parti di Sicilia, ne aveva trovato pieno un fiasco; ed essendoselo bevuto tutto di un fiato, campò cinquecento anni e non so quali mesi6. Fece pertanto nelle sue stanze fabbricare fornelli, e quivi notte e giorno si tribolava il cervello fra le storte, i lambicchi, vetri e pentole a soffiare, rimestare, mescolare, bollire e squagliare, ch'era pietà: poi leggi e rileggi certi libracci che pareano messali, e puzzavano d'inferno cento miglia alla lontana: nè qui terminava la strana passione dell'uomo, che quante bestie gli cascavano sotto ammazzava, ricercandone poi studiosamente le viscere; piante, minerali e sassi, niente insomma sfuggiva alla perpetua sua investigazione: frattanto anch'egli trasanda le mondizie del corpo, e a lui pure doventano gli occhi torti e feroci.


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La vendetta paterna - Lettere inedite - Predica del venerdì santo
di Francesco Domenico Guerrazzi
Perino Editore Roma
1888 pagine 162

   





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