Il soffitto da un angolo all'altro sosteneva festoni di ragnatele, donde i ragni a modo di stelle cadenti precipitavano giù sopra gl'insetti: due gatti stavano accovacciati a piè del letto sbalorditi dalla fame e dal grave odore, che là dentro esalava: sopra un seggiolone a bracciòli foderato di velluto cremisino sedeva un rospaccio dalla vista maledetta, che pareva tutto un avvocato fiscale: di sotto lo stipo di ebano, per tarsìe di madreperla e di argento prezioso, sbucavano fuori due pizzughe: qua e là escrementi, ossa e rimasugli di sozzi cibi aborriti o rigettati dagli animali; da per tutto immondezze. In un canto, coperto da parecchie lenzuola, appariva un monte di argento lavorato: ve n'era d'ogni maniera; candelieri, calici, reliquiari, lampade da cristiani, lampade a sette becchi da giudei, cangiarri, ed altre più cose, tutto sottosopra a rifascio: una lunga tavola andava ingombra di lavori di oro e di gemme sciolte, o legate: alcune cantere dello stipo aperto lasciavano vedere inestimabile quantità di moneta di oro e di argento.
Don Marcantonio giaceva sul letto supino con gli occhi stralunati; sopra le labbra gli ribolliva la spuma; contorcevasi smanioso, e mugolava ora sommesso, ora con urli spaventevoli; e i gatti allo schiamazzo infernale rispondevano miaulando, e il rospo gracidando. Don Luca, quando lo ebbe contemplato in faccia, disse:
Tra le altre belle doti, che il cielo gli ha dato, ci mancava il benedetto9: adesso può chiamarsi compita: tenetelo fermo, ch'io vi farò vedere mirabilia.
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Marcantonio Luca
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