Innanzi di scendere nel cortile dove lo aspettava la carrozza, impetratane licenza dagli esecutori, i quali trattandosi di persona di alto affare procedevano urbanamente verso di lui, mi trasse da parte, e a voce sommessa mi disse:
Orazio, fa' di aver cura degli arnesi miei, e tienli forbiti tanto che io torni. Che cosa vonno sapere da me questi gaglioffi? Tu, Orazio, mi hai armato, e fatato cavaliere della corda. A rivederci. Orazio.
A rivederci presto: e degli arnesi non dubitate
- e gli baciai la mano.
Ora giudicate voi quali fossero la mia meraviglia e il mio spavento, quando nel giorno appresso, verso l'un'ora di notte, venni chiamato in Palazzo, dove mi fu detto essere aspettato al carcere di Tordinona dal marchese don Luca mio padrone, il quale prima di andare a morte desiderava parteciparmi i suoi ultimi comandi! - Stetti per diventarne pazzo, e dubitai su le prime ch'e' fosse un rezzolone, come sanno trarne questi uomini di corte, per pescare; ma per questa volta presi errore, dacchè subito il Bargello mi licenziò. Corsi a Tordinona, e trovai don Luca seduto in sembiante nè lieto nè tristo, che tranquillo in atto e in sostanza, se non pareva di venti anni invecchiato, e tutta la sua faccia aveva colore di avorio antico. Poichè gli ebbi baciato la mano, ei mi fece cenno ch'io gli sedessi di contro; nella qual cosa avendolo obbedito, attesi ch'egli mi favellasse; ma considerato come distratto di pensiero in pensiero ciò non curava od obliava, ruppi io primo il silenzio dicendo:
| |
Orazio Palazzo Tordinona Luca Bargello Tordinona Luca
|