Ahimè! riveritissimo padron mio, che novelle sono elleno queste? Che cosa sono gli ultimi comandi di cui mi hanno tenuto proposito? Come non vi ha giovato nulla lo esercizio della colla? E gli squassi, e i piombi, e le strappate?
Anzi, rispose egli, giovarono moltissimo, che meglio non potevano fare: per bene otto volte sostenni il tormento accompagnato da squassi di tale maniera, da stiantare la campanella del soffitto: alla fine mi sciolsero, e il Giudice considerando come le impugnative sostenute con la prova della corda avessero virtù di cancellare agli occhi della legge ogni indizio raccolto, riferitone prima a monsignor Taverna, decretò essermi purgato da ogni sospetto ordinando la mia immediata scarcerazione: ma non sì tosto ebbe costui scritto e suggellato il decreto, e appunto in quella, ch'egli stava per consegnarmelo, non senza grandissime congratulazioni della prova da me sostenuta in pro della mia innocenza, ecco invadermi irresistibile il furore di confessare accusandomi delle tante commesse scelleratezze. Invano mi adopro tenere chiuse le labbra, invano stringere i denti, invano mordo perfino la lingua, e con ambo le mani mi abbranco le mascelle; tempo perduto! - Una forza feroce mi torturava dentro, e mi costringeva a confessare i miei misfatti a parte a parte come si usa al capezzale della morte. Raccapricciava il Cancelliere nello udire, ed a me pure correva un brivido per le ossa in raccontare quante povere anime con la maligna virtù dei miei veleni avessi traboccato all'altro mondo senza sacramenti.
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Giudice Taverna Cancelliere
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