.. Tu credi, Orazio, che le sieno fisime di mente inferma: ti assicuro ch'è inutile; ho già provato meglio di dieci volte.
Provate la undecima...
E sia...
E' non ci fu che dire: chiuse tenacemente i denti e le labbra; e comecchè io vi adoprassi tutta la forza delle mie mani, non venni a capo di smuovergli i labbri, non che schiudergli i denti: i nervi su le mascelle gli s'incordavano duri più di metallo.
O Madonna dei dolori! Provate a cacciarvi di un coltello dentro al cuore; - quando sarò uscito di prigione, bene inteso: - se non avete pugnale eccovi il mio, io ve lo impresto volentieri, don Luca; non è da pari vostro, ma l'uffizio suo sa fare quanto un altro...
No... no, tienlo per te: io non voglio fuggire al destino; egli è più forte di me; ma io voglio guardarlo in faccia fino all'ultimo, e morire.
Signore! signore!, esclamai battendomi forte del pugno nel capo; e dovrò io sentire, che una fune pleblea si dia il vanto di avere strangolato il mio nobile padrone come un volgare bandito?
Oh in quanto a questo, Orazio, ti puoi consolare, perchè io sarò decapitato con la scure ai termini dei privilegi di cui gode da tempo immemorabile la nobiltà romana: su tal punto ci siamo già messi d'accordo. - Ma io sto novellando teco come se questo non fosse l'ultimo giorno della mia vita, senza averti dichiarato il motivo pel quale io ti chiamai. Porgi attenzione, Orazio, e bada non ti addormentare... - La maledizione di mio padre non si estingue nella morte di don Marcantonio e mia, ma dura sempre viva ed aperta sopra la testa dei miei fratelli, che mi sopravvivono; e quantunque volte io mi faccio a considerare come loro sovrastino destini pari ai miei, un peso di amarezza inestimabile mi si aggrava su l'anima.
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