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      Io voltava gli occhi al punto ov'egli indirigeva la favella; ma non mi riusciva scorgere persona, appunto come don Luca; sicchè incominciava a entrarmi il tremito della paura addosso, e desiderava trovarmi un miglio lontano da cotesta stanza; quando don Severo, allo improvviso chiamatomi per nome, mi favellò:
      Io qui non possiedo altro albergo, dalla mia galera in fuori; andate a bordo, e intanto ristoratevi: domani poi mi chiarirete a vostro agio se piacevi restare, o andarvene. Se vorrete rimanervi, io vi accomoderò con vantaggio vostro di presente, e con speranza di meglio in avvenire: - ed io quanto più so e posso vi conforto a questo, perchè non può farsi nel mondo opera che tanto approfitti alla salute dell'anima, quanto spendere la vita in combattere i nemici della fede di Cristo. - Se all'opposto scerrete partire, io vi darò commiato in guisa, che vi chiamerete satisfatto: come vi talenta meglio operate.
      La mattina dalla parte di oriente incominciava a comparire un colore grigio chiaro, che a mano a mano si faceva di rosa, quando amore di rinfrescarmi con la brezza matutina invogliandomi a salire sul ponte, io v'incontrai don Severo; il quale, con la vista tesa facendo delle mani solecchio, guardava qualche oggetto lontano sopra l'orlo estremo dell'orizzonte. "Due... sei.... dieci..... Per san Marco! ella è tutta un'armata." Egli esclamò.
      Io pure mi posi a speculare, ma non iscorsi nulla. Don Severo dà un fischio, e subito dopo, come se fosse sbucato di sotto alle tavole per le fessure, comparve il comito della galera.


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La vendetta paterna - Lettere inedite - Predica del venerdì santo
di Francesco Domenico Guerrazzi
Perino Editore Roma
1888 pagine 162

   





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