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      I nostri zimbellavano in varie guise per attirarli, ora nascondendosi giù sotto le paratìe per dare ad intendere che scarsa fosse la ciurma a bordo, ora straziando la bandiera turca con mille vituperi: però lusinghe e minacce tornavano indarno, nessuno dei legni si scompagnava. Voga, arranca, ci accostiamo sempre più: in verità di Dio la nostra fusta aveva l'aria di una rondine, che andasse ad accattare briga con uno stormo di falchi.
      Il Comito si accostava a don Severo, e, cavatosi ossequiosamente il berretto, gli domandò:
      Non vorrà l'eccellenza del signor Capitano ordinare, che voltiamo di bordo?
      Avanti! avanti! arranca! Forza di remi!
      gridò don Severo con voce tonante.
      E fu fatta forza di remi. Oggimai eravamo arrivati a meno di un terzo di tiro di bombarda, quando il comito, levatosi da capo il berretto con i medesimi segni di devozione profonda ripetè:
      Sembrerebbe tempo alla eccellenza del signor Capitano ordinare, che dessimo di volta al timone?
      E siccome don Severo teneva gli occhi accesi nella armata turca intenti così, che pareva volerla ardere col guardo, e come tratto fuori di sè alle parole del Comito nè badava, nè rispondeva, questi soggiunse:
      Io mi tolgo ardimento, signor Capitano, di ammonirla, che alla prima scarica del turco, della carcassa della povera fusta non rimarrà tanto legno che basti per farne una croce, da piantarsi sopra la nostra fossa.
      In questa, ecco si leva di sul legno nemico una leggera fumata; e in meno, che non si batte occhio, immaginatevi come fa il grano sbalzato dal vaglio quando di qua e di là si spande, e il vento se ne porta la pula.


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La vendetta paterna - Lettere inedite - Predica del venerdì santo
di Francesco Domenico Guerrazzi
Perino Editore Roma
1888 pagine 162

   





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