Io gliele auguro di tutto cuore felici, e confido che Ferdinando spalancherà bene gli occhi per accertarsi che le abbiano a riuscire tali. E di lei o perchè non mi scrive niente? Il tempo non le ha recato veruna consolazione?
Io vivo la vita dell'esule, rimpiangendo la patria, e desiderando di starmi lontano finchè durano le presenti condizioni. Quanto a speranze, io non ne ho veruna.
Tante cose per me alla signora Teresa. Quanto al signor Ferdinando, io vado orgoglioso di avere contribuito alla sua eterna salute (a suo tempo); perchè, se egli esercitò tutte le virtù corporali puntualmente, come quella di visitare i carcerati, vado sicuro, che un bel seggiolone imbottito di crino per la estate, e di lana pel verno, lo aspetta in paradiso. A rischio però di essere ripreso d'ingratitudine, io non vorrei contraccambiarlo. Stia sana; saluti in casa tutti per parte mia, e dei miei, e si persuada, che le sue lettere saranno sempre per me argomento di contentezza. Mi abbia sempre
Per aff.o suoD. GUERRAZZI.
Genova, 28 giugno 1858.
Mia cara signora Ersilia
Come la trattano questi calori? Seguì il matrimonio della sorella? Come va la signora Teresa? E soprattutto come sta Ferdinando? Spero avere di ciò risposta soddisfacente. Ma voi altri che siete ostriche, le quali, attaccate allo scoglio, non si muovono mai? O perchè non venite mai quaggiù? Non fosse altro per vedere la figura, che fa questo grappolo di libertà malmenata dalla crittogama d'Italia e dall'altra di Francia.
A mano a mano mi si fanno più rade le lettere del mio paese; ed a ragione; perchè gli esuli sono mezzo morti, e più che stanno fuori più muoiono.
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