Abbiamo giorni procellosi, e tristi. Speriamo bene. Tanti saluti a tutti di casa, ed ella mi abbia sempre
Per suo affezionatissimo amicoD. GUERRAZZI.
Carissima Signora
Le sue lettere mi giungono oltremodo gradite, molto più che non cessano, mentre le altre illanguidiscono. Così è, i miei amici di Firenze, o distratti da altre cure, o, come credo, piuttosto in virtù della sentenza, che uomo bandito è mezzo morto, a mano a mano si dimenticano di me. Questo è amaro a sopportarsi, ma, la Dio mercè, sortii un cuore capace da contenere questi, e bene altri dolori. Le passioni umane conosco tutte, e so compatirle; i lagni non valgono, e poi palesano debolezza: l'uomo non può essere diverso da quello che è.
Qui non abbiamo cholera, e, se caso mai, o vaghezza o necessità vi persuadesse ad allontanarvi da Firenze, ricordi all'ottimo Padre suo come qua vi siano le acque di Orezza, portentose veramente alle infermità dei visceri. Dal continente vengono a curarsi i malati di stomaco, fegato, intestini, e gran copia di quest'acqua va all'estero. L'avverto, e le confermo, che il passaggio da Livorno in una bella notte si fa in 5 ore, ed in meno.
Bene! Brava! Mi parli del paeseParlami della mia,
Della diletta tua patria natia."
Il cholera è scoppiato costà? Ma sarà paura? E poi è cessato: speriamo bene, dunque. A Livorno dicono il male più fiero; dicono, ma altri negano. La verità da qualche tempo è andata in campagna; in città si fa vedere più poco: ma il cholera vi sarà benissimo, e ciò pregiudica i divertimenti, i balli, le frivolezze di quel popolo frivolissimo, non è vero?
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