Fin dal febbraio passato promossi qua presso il Governo le cose di Toscana. Consigliai chiamassero di costà persona per informazioni: chiamarono Ridolfi, e al tempo stesso chiamarono anco me; nel punto di partire il Corsi mi avvisa venire col Ridolfi. - Aspettai a Genova nel concetto che, passando, mi avrebbero cercato, e così insieme andati a Torino. Vennero; non mi cercarono; Corsi mi scrisse di Torino perchè andassi; ma spedì la lettera al suo nipote Caprile qui in Genova, che la tenne 3 giorni senza consegnarmela; mentre mi disponeva andare mi vedo comparire il Corsi: parlammo insieme: predicò concordia; (questi signori l'hanno sempre su le labbra); averla anco raccomandata il signor Cavour.
Per me ogni sacrifizio par facile per lo amore della patria: quanto a offese non se ne parlasse più: circa a politica avrei appoggiato quanto proponeva. Se scrivendo, poterlo fare di qui; se con la presenza in Toscana, ricordasse, che non mi permetteva la disastrosa fortuna tenere due case, una qui, una costà; e il traslocarmi con le mie robe troppo spendioso.
Partiva: dopo un mese scrive il Corsi: non avere potuto incominciare la pratica dell'accordo; poi zitto: dopo altri 40 giorni mi dà notizia dello avvenuto a Firenze e mi conforta, se amo il paese, a durare in esilio: - Così mi scrissero altri, e così scrisse il Bon - Compagni al cavaliere Carlevaris, mio amico trentenne. Subito dopo l'oltraggio dell'amnistia. Io vidi allora le arti della fazione aristocratica, che arrolò Corsi, Malenchini, ed altri per tentare il terreno, e per gratificarsi il popolo, e governare tiranna; e così fu, e così è.
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