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      Il popolo è rimasto attontito, intronato dalle minacce: guai! se ti muovi; guai! se ci tocchi; guai! se non ci lasci fare. - Traditore, parricida, matricida... anatèma! anatèma! anatèma!
      Gli atti di governo furono una serie di errori; ma avevano il piviale della Indipendenza addosso, e bisognò lasciarli stare.
      Ora io ho rimesso a servire il popolo il mio stato, mezza salute, mezzo ingegno, e più che mezzi gli averi: io non rinfaccio nulla: mi sento disposto a servirlo da capo, ma non mi sento disposto a elemosinare il permesso di finire questi avanzi di vita per lui. - Il popolo non mi ama, il popolo mi ha obliato; lo so, ingannato, e deluso: ma perchè, com'ebbi nemici operosi e implacabili a nuocermi, non gli ebbi del pari a giovarmi?
      E poi a che venire? Se per esprimere un voto per la decadenza dei Lorenesi, e per l'annessione al Piemonte? Io l'ho fatto col ritratto di Leopoldo II; con la dichiarazione del 12 agosto nel Diritto, col Ricordo al Popolo toscano stampato in Torino. Tanto basta.
      All'altre cose del Governo vostro non potevo aderire: e la mia opposizione si sarebbe attribuita ad astio, e a mal talento.
      Di più, chi governa ora? Gente aristocratica; anzi oligarchica; ed io mi sento popolo schietto; forte, leale, e generoso sangue popolano: - essa non seppe e non volle perdonare di avermi atrocemente offeso: dunque intende stare in guerra meco: - uno di loro, Ridolfi, mi ha messo le catene alle mani iniquamente, per una sua poltronesca, e matta paura; l'altro, il Ricasoli, mi ha esposto ad essere fucilato dai Tedeschi per cruda, e fredda vanità di comandare.


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La vendetta paterna - Lettere inedite - Predica del venerdì santo
di Francesco Domenico Guerrazzi
Perino Editore Roma
1888 pagine 162

   





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