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      Ma so bene io donde la colpa: dai giornali, la più parte veleno di morale, di dignità, di libertà, di tutto.
      Gradisca queste parole come di padre, e mi abbia con stima per
     
      Affezionatissimo suoF. D. GUERRAZZI.
     
     
     
      Cecina, 20 Maggio 1873.
     
      Mio caro Signore
     
      Ho ricevuto da Lei una illustrazione intorno al quadro di s. Luigi Gonzaga, dipinto dal fu Angiolo Visconti annegato nel Tevere. Piango il miserrimo fato del povero giovane.
      Io non entro mai in chiesa, e se ci dovessi entrare, non vi considererei la immagine di Luigi Gonzaga, persona dalla quale di pieno cuore ripugno. Giovane stupidito dalla venefica influenza dei Gesuiti, fino al punto di temere una carezza della madre, anzi la sua medesima faccia come una tentazione del demonio. Può darsi, io già nol contrasto, che il quadro, come lei dice, possa meritare lode dal lato plastico, o vogliamo dire, tecnico; è impossibile che appaghi per la parte psicologica, o estetico - morale. Nè io mi sdegno col pittore circa la indegnità del soggetto, bensì col committente matto e beghino. La religione cristiana possiede i suoi eroi, che meritano davvero essere celebrati co' carmi, co' marmi e coi pennelli; a mo' di esempio san Telemaco, che, precipitandosi nel circo, si pose tramezzo ai gladiatori combattenti, e a prezzo del suo sangue fece cessare coteste atroci carneficine. E quando ai cristiani altro non sovvenga, facciano dipingere Cristo in croce, la Madre da un lato, e san Giovanni dall'altro, simboli, o verità di anime divine che affermano col martirio la santità dei propri principii; di affetto materno, che vince ogni dolore, per porgere conforto al Figlio straziato: di amico cui basta di accompagnare il suo amico al patibolo, e lì alla presenza dei persecutori affermare il suo affetto al condannato.


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La vendetta paterna - Lettere inedite - Predica del venerdì santo
di Francesco Domenico Guerrazzi
Perino Editore Roma
1888 pagine 162

   





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