Intorno all'anno 1570 viveva in Firenze un nostro concittadino chiamato Vincenzo di Zanobi Sarselli in apparenza buona persona, benchè come dimostrò la esperienza nutrisse nell'ànimo pensieri diabolici; dissi in apparenza buona persona, perchè udii già dire da un vecchio detto Giulio Ruoti, che circa 25 anni sono morì di età di più di 80 anni, che lo haveva molto ben conosciuto, frequentava le compagnie particolarmente quella di San Niccolò, detta del Ceppo, nella quale (per quanto diceva il medesimo Ruoti) il Sarselli mai non entrava se non si poneva in ginocchioni a ginocchi nudi, siccome nelle pubbliche processioni voleva essere quello, che portava il crocifisso; insomma faceva ogni estrinseca, et apparente divozione di pietà, et anco ho sentito da persone degne di fede, ch'egli da giovine si trattenesse in bottega di un mercante d'arte della lana nella quale s'impiegavano in quei tempi le persone civili, e ben nate. Con tale occasione s'intrinsecò familiarmente in una stretta amicizia con un giovane parimente lanaiolo chiamato Matteo di Bartolommeo Santini persona civile, e di buona gente. A questa coppia si aggiunse per terzo un homaccetto di bassa estrazione, il nome e cognome del quale non ho potuto rinvenire, ma persona di mezza tacca, come dire donzello, o servente di uno dei nostri magistrati, o simile; e però dovendolo io più volte nominare nel progresso di questo discorso lo chiamerò lo Incognito. Trovandosi dunque del continuo insieme questo terzetto di amici a cene, a giuochi, in casa di femmine e altrove, sì come in tutte le allegrie di spesa, che essendo eglino poveri compagni non solo con tenue patrimonio, ma piuttosto di quelli, che vivevano con la propria fatica, et industria: questo modo di vivere gli messe nella necessità dopo qualche tempo di pensare, non avendo essi come potessero fare, a valersi di quello di altri per continuare nella loro dissoluta vita.
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