Gesù Cristo predicava la obbedienza alle autorità costituite e non rifiniva insegnare:
Date a Cesare quello ch'è di Cesare"; tuttavia appuntellava la nuova religione per dare di leva alle signorie del mondo. Lutero all'opposto, con parole e co' fatti non rifinando di protestarsi ossequente ai principi germanici, metteva la sua dottrina ai servizi della loro potestà: però essi si posero nelle mascelle il protestantismo come dente per masticare, al modo stesso che Carlo V ci incastrò il cattolicesimo; così l'uno non vinse l'altro, e terminarono, comechè trattandosi da suocera e da nuora, a vivere insieme sotto il medesimo tetto ed a sedersi intorno alla medesima mensa; laddove oggi sorgesse un terzo a sturbarne l'accordo, si legherebbero insieme per dargli addosso: quanti preti sono al mondo vivono di credenze, non di verità. Ma ai tempi di cui teniamo discorso taluno andava convinto che la verità si trovasse nella eresia, tal altro che la riforma fosse arnese idoneo a combattere la chiesa romana, nè i secondi erravano. Difficilmente i filosofi e i politici innanzi ai successi presagiscono le cause che li provocano e gli effetti che partoriscono; difficilmente li conoscono anco dopo, almeno nel complesso loro; e quando pure essi valessero a prognosticarli, di politici e di filosofi veri va scarso il mondo, nè fin qui vedemmo politico o filosofo che, renunziata la passione, si governi in tutto e per tutto con la ragione. Insomma, o per ragione lusingata da passione, o per solo impeto di questa, gl'Italiani, crucciosi della perduta libertà, si attaccavano alla riforma come i cadenti alle tamerici cresciute nelle crepature del precipizio.
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