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      Francesco, come i suoi maggiori, esercitò l'arte della seta, la quale con quella della lana fu dai(11) Fiorentini rassegnata meritamente tra le arti maggiori: onde ci appare il rinfaccio che l'Ammirato e Adriano fanno a Francesco della sua condizione di artefice non pure strano, ma temerario; imperciocchè gli ordinamenti politici della Repubblica di Firenze appunto sopra le arti maggiori e minori si fondassero, nè alcuno il quale a queste arti non fosse ascritto potesse avere stato. I Capponi a Firenze non erano registrati alla matricola dell'arte della seta, ovvero di Por San Maria? Le storie poi ricordano come Nicolò Capponi, che fu lo antipenultimo gonfaloniere della Repubblica, accudisse al traffico della seta, e tanto in lui poteva l'amore dell'arte, o piuttosto del guadagno, che, contro il divieto della legge, eletto gonfaloniere, usciva di palazzo alla chetichella per vigilare se le donne gli avessero incannato la seta e le altre cose dell'opificio andassero a dovere. Gli Strozzi per converso più che alla seta attesero alla lana, ovvero all'arte di Calimala, e ne tennero fondaco allora e prima e dopo di allora insieme al banco dei danari in Lione, a Venezia ed in altre città capitali della Europa: anzi le case Strozzi e Burlamacchi conservarono corrispondenza di affari lungamente fra di loro. I Medici mercanti sempre furono e le ricchezze loro cavarono dal prestare a usura; sembra altresì che facessero a fidarsi poco, imperciocchè fra le altre cose si narra che se papa Martino V volle danaro da Giovanni dei Medici soprannominato il Bicci, gli ebbe a dare in pegno la tiara pontificale (chè allora la superbia papesca non aveva per anco inventato il triregno); nè smisero i commerci anco quando tennero il supremo dominio della Toscana, allora, comechè principi fossero, parte ne assunsero in proprio, parte in società e furono di gioie, di metalli, di grani e di altre siffatte mercanzie; del pepe fecero monopolio, onde se essi mostrarono ed operarono che le persone a loro aderenti mostrassero uggia pei commerci, certo e' fu nel concetto medesimo del ghiottone, che sputa su la pietanza perchè, gli altri commensali pigliandola a schifo, egli possa mangiarla tutta per sè.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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