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      Poichè agli uomini dispiacciono o piacciono le cose secondochè loro apportarono o presumono riportarne utile o danno, così questa pace fu giusta simile stregua o celebrata o ripresa; nè fra gli strani solo, sibbene anco nelle famiglie delle parti contraenti; al delfino seppe mal di morte, onde, venuto in iscrezio col fratello D'Orléans, se ne temevano guai: sicchè quando più tardi di un tratto cotesto principe scomparve i cortigiani l'ebbero per provvidenza, volendo essi servire sì, ma servire tranquillamente. Gli stati d'Italia seguaci delle sorti di Carlo vivevano di pessima voglia presentendo scemata la propria autorità e il giorno di non lontana ruina: all'opposto i parziali di Francia aprivano la mente a superbe speranze o almeno quali era dato concepire allora alla degenerata razza latina: opprimere di seconda mano brani di popolo strappato di bocca al maggiore padrone straniero.
      Di fatti la Francia tanto s'innamorò di cotesta pace che si mise coll'arco del dosso a negoziare l'accordo fra lo imperatore e il Turco, nè questo potendo ottenere, strappò una tregua, di un'anno prima, poi di cinque. Chiunque non avesse perduto il bene dello intelletto avrebbe conosciuto espresso che Carlo scarrucolava Francesco: tuttavia questi non se ne voleva accorgere; quello che gli talentava doveva essere, e i cortigiani tacevano: non si ha a sturbare il sire, nè pure coll'annunziargli la necessità suprema della morte imminente; però quasi sempre gli casca addosso come il nibbio che abbia chiuse le ale.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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