Nondimanco vuolsi rammemorare che un oratore fiorentino durante l'assedio presso i Sanesi sempre stette, e narrano di più che ci spendesse un tesoro per tirarli a legarsi con Fiorenza; e sarà, eccetto il tesoro, chè, sendone strema in casa, mal si comprende com'ella lo potesse sbraciare di fuori; fatto sta che il popolo, il quale si governa con la passione, voleva ad ogni costo sovvenire i Fiorentini, mentre gli altri, usi a procedere col compasso in mano, con ostinazione punto minore contrastavano, donde nacque tumulto, e per poco stette che il Fantozzo plebeo non ammazzasse Gianfrancesco Severini. Posto fine alla guerra di Firenze, lo imperatore comincia ad allungare gli ugnoli contro la democrazia sanese, mandando a Siena col modesto titolo di agente Lopez di Soria perchè così alla sordina e di scancìo procurasse ricondurci i nove; costui trovati sordi al suono di cotesta campana i Sanesi, Carlo ci inviò don Ferrante Gonzaga, che era in fama di piacergli le cose spiccie, e perchè le ruote girassero meglio, i nove ci versarono dentro un quindicimila scudi; allora il Gonzaga sorprende Lucignano e lo piglia, poi prosegue in Pienza e quivi minaccioso stanzia; dei Sanesi chi teme, chi va su i mazzi, ma i primi sono i più e prevalgono i partiti peritosi, sempre esiziali: insomma il Gonzaga rimette i nove in Siena, li restituisce nelle sostanze e negli onori; la città non in tre ma sì in quattro Monti si divide, Popolo, Gentiluomini, Riformatori e Noveschi; il Lopez ai soldati nostrani surroga spagnuoli, da prima pochi, poi mano a mano gli augumenta fino a 400: all'ultimo tanto si armeggia per parte dei noveschi che è data licenza ad Alfonso Piccolomini duca di Amalfi, capitano del popolo e reputato zelatore della parte popolesca.
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