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      Carlo, e con Carlo tutti i principi, non sapendo come uscire d'impaccio, richiamato il Gonzaga, gli sostituiva il marchese del Vasto; al Lopez il duca di Amalfi, accetto al popolo: ad ogni differenza fu messo buono assetto; solo lo imperatore tentò far passare che la balìa si eleggesse dal suo rappresentante, e non l'ottenne; allora avvisò un altro tiro, e fu, che la città votata di milizie nostrane la presidiassero 500 Spagnuoli, e l'ottenne, se non che il senato invece di 500 ne ammise 400, riputando follemente col tosare la moneta avergliela barattata; però quello che non fece il senno operò l'avarizia, dacchè, essendo stati stanziati al duca di Amalfi scudi 6000 all'anno per sostentamento dei 400 pedoni, egli ne teneva su soltanto 100 e degli altri 300 sgallinava le paghe: antico male la flussione delle unghie, e a rari non si attacca. Quando lo imperatore nel 1532, affrancatosi della guerra del Turco, venne a Bologna per passare in Ispagna, non mancarono i noveschi di fargli calca dintorno mostrando voglie prontissime a servirlo di coppa e di coltello in ogni suo desiderio, solo alquanto gli sovvenisse a riaversi in casa, dove si trovavano ad essere trattati poco men peggio di schiavi alla catena; ma il marchese Del Vasto e il cardinale Piccolomini, attestando la loro malignità ed il considerarsi servi se non insolentivano oppressori, resero innocui i lamenti, ed anco la cura di negozi gravissimi e la prescia di Carlo di portarsi in Ispagna fecero sì che per allora riuscissero inani.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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