Al duca erano graditi i Salvi, ma i propri comodi troppo più dei Salvi; onde non è da dire con quanta e quale squartata mandasse sottosopra messer Giulio; che sbalordito non negò la pratica, ma l'appose al fratello Matteo e intanto diede opera che Ludovico si cansasse; se non che, per questo fatto tempestando il duca, costui con nuovo tradimento fece in modo che Ludovico fosse prima sostenuto a Montevarchi, poi consegnato al duca Cosimo, il quale avutolo nelle mani e chiusolo in castello, senza mestieri tormenti, ritrasse da lui l'ordine della congiura; gli è ben vero che Ludovico non si rimase da vituperare il Salvi per traditore doppio, ma per allora il negozio rimase sopito: però ben la segna chi la nota, e quinci a pochi mesi, essendo tornato di Francia Girolamo Luti soldato di conto negli eserciti del re, i nemici del Salvi furono agli orecchi degli agenti imperiali aizzandone il sospetto e l'acre zelo del servitore pagato: ma per quanto imprigionassero il Luti e con tormenti lo dirompessero, pure da lui innocentissimo non poterono cavare riscontro al sospetto. Messere Giulio e il duca, per ischermire il colpo, recaronsi in poste a Milano, dove era pur dianzi giunto lo imperatore, ma questi li rimandò per la udienza a Lucca; colà gli udì e con esso loro gli emuli, e concluse commettendo al Granvela il negozio della riforma del reggimento di Siena: questi, non si sentendo abbastanza informato per pigliare una risoluzione, licenziò tutti dichiarando sarebbesi egli medesimo recato a Siena per assettare le faccende; tuttavia come segno di vicino fortunale fu ordinato al duca di Amalfi che, lasciato in asso il capitanato delle armi di Siena, si riducesse nei suoi stati.
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