La balìa entrò in carica e da prima operò bene; granata nuova spazza bene tre giorni; vietò le armi a tutti e le conventicole notturne e l'andare per la città la notte senza fanale; poi temperò lo smodato lusso delle donne, perpetua e vana cura degli uomini, onde per disperazione all'ultimo e per non dichiararsi vinti hanno bandito che il lusso è manna nel consorzio civile, e ognuno faccia quello che meglio gli aggrada; e proibì le maschere con abiti da frati e da monache, che, argomento di sceda tre secoli fa, oggi presumevasi da intelletti guasti ritornare in venerazione degl'Italiani.
Intanto maturavano i frutti della nuova riforma, e si chiariva a prova come, per abbattere i Salvi, i popolani ed i riformatori si erano tirati sul collo i noveschi, i quali seguendo l'antico costume usavano ed abusavano del fresco favore della fortuna; per lo che tornarono ad agitarsi peggio di prima, sopra tutti l'arcivescovo Bandini, il quale, a quanto pare, non era farina da farne ostie. Lo imperatore teneva suo rappresentante in Siena lo Sfondrato, che ormai procedendo a carte scoperte favoriva la fazione novesca, nè in ciò era mal visto, sicchè quando di lui si lamentavano per questo i popoleschi in corte egli era come dicessero al muro, Messer Giulio Salvi senza virtù e senza credito cascò come frutto fradicio; chiamato in Fiandra e messo in prigione dallo imperatore, così poco i Sanesi attendevano a lui che la sua prigionia conobbero unicamente dalla libertà concedutagli quando Austria e Francia accordaronsi nel 1544. Poco dopo susurrarono che lo Sfondrato lavorava in pro del papa per grandi promesse che ne aveva ricevuto (e parve vero, dacchè indi a breve, ridottosi a Roma, fu promosso cardinale): allora in fretta e in furia lo imperatore diede il puleggio allo Sfondrato, sostituendogli don Giovanni di Luna castellano a Firenze della fortezza di San Giovambattista.
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