Nella composizione di questo reggimento fu provvisto che vi partecipassero così nobili come popolani; ma a ciò non consentirono i nobili, i quali nella potestà non si chiamando contenti di prevalere, la presero tutta, e sta bene; vissero e vivono finchè possono vita di consorteria i patrizi; tuttavia anco in seno al popolo si formano le consorterie, e allora queste diventano non già forza, bensì cancrena di popolo. Il popolo, dacchè i patrizi rifiutano uguaglianza, li dichiara decaduti dal reggimento e si chiude un nemico nelle viscere: veramente nemici sarebbero stati essi sempre, ma, esclusi a questo modo, i patrizi per necessità dovevano agitarsi irrequieti: tutto ben ventilato, a sperdere le consorterie io non ci vedo altro modo che il bando dei consorti o permanente o temporaneo e fuori dello stato: certo grave partito questo o copioso di danno, pure altro meno nocivo non mi riesce trovare, ed è ruina espressa sopportarli chiusi dentro il corpo sociale: per la quale cosa bene conobbe gli umori di costoro il dabbene cittadino Francesco Guinigi quando per ischermirsi dalle insidie patrizie propose un magistrato di cui unico fine fosse la difesa della libertà, che fu chiamato dei conservatori della libertà e del buono stato; accettarono ed elessero a farne parte lui primo. I patrizi, accortisi della ragia, si diedero moto per istrozzare cotesto magistrato sul nascere e levarono tumulto, se non che il magistrato diede prova di essere nato co' denti, imperciocchè, agguantati quattro, tagliò al primo il capo e la mano destra, gli altri licenziò col solo taglio della testa.
| |
Francesco Guinigi
|