A Lucca parve essere pecora nella siepe; e poichè pecora non uscì mai dal pruneto se qualche briciolo di lana non ci lasciasse, così invia oratori a tirarsi i capelli co' ministri imperiali; e' la batteva tra il rotto e lo stracciato; assottiglia, assottiglia, più di cinquemila ducati non vollero da una parte dare nè dall'altra poterono prendere; e poi non isborsarono nè anco questi, chè allo imperatore saltò il ticchio di non andare più a Roma, e i Lucchessi procederono come costuma il marinaro, che, passato il pericolo, gabba il santo. Ma lo imperatore più tardi torna a spillare quattrini dai Lucchesi, non sapendo, per farne, a qual santo votarsi; le antiche ragioni non si potevano addurre, ne propose nuove: gli pagassero subito dodici mila scudi, ed egli avrebbe confermato loro i privilegi antichi. Piacque l'offerta, non il prezzo, e qui da capo il mercato giudaico; si convenne per novemila, ed egli da Padova con diploma ampissimo conferma l'antica libertà di Lucca, le concede facoltà legislative ed amministrative, autorità giudiziaria, il mero e misto impero; rinnuova le largizioni fatte a Castruccio, i privilegi di Carlo IV, renunzia all'annuo canone, il quale del resto non si pagava più fino dai tempi del vicario imperiale Guidone, e per ultimo enumera tutte le terre e castella che dovevano formare parte del dominio di Lucca senza darsi per inteso se per violenza o per trattato si trovassero in potestà altrui; e conchiude promettendo protezione e difesa con tutte le forze dello impero.
| |
Lucca Roma Lucchessi Lucchesi Padova Lucca Castruccio Carlo IV Guidone Lucca
|