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      Il popolo, secondo il solito, guaiva, qua e là in capannelli si adunava e sbuffando smetteva i lavorii; i governanti, secondo il solito duri finchè non mirino il diavolo nel catino intorandosi dicevano: si osservasse appuntino la legge, chè cassarla o riformarla adesso gli era come darla vinta al popolo con iattura inestimabile dell'autorità ed esizio del reggimento: intanto i nobili e gli altri esclusi, infiammati di carità pelosa, soffiavano in cotesto fuoco compassionando al popolo; lo tempestavano dicendo ch'egli aveva ragione da vendere, ma che badasse a non farsi mangiare come le ciliege una dopo l'altra; nell'unione stà la forza: ora il popolo non intese a sordo, però mandato attorno lo invito, si radunò il primo di maggio nella chiesa di San Francesco, dove aveva altare; e poichè si trovò in maggior numero di quello che avessero i capi presagito, questi deliberarono recarsi nel chiostro maggiore del convento di Santa Lucia: quivi tutti a parlare, a interrompersi, a contradirsi; sentenze e voci diverse e un brontolìo come di caldaia quando spicca il bollore. Matteo Vannelli capo maestro vedendo che la veglia passava in accordature, recatosi sulla predella dell'altare di S. Lucia così favella: "Orsù azzittatevi ed uditemi, chè a questo mo' voi discorrete a vànvera: quanto sia iniqua la legge che ci hanno messo addosso, inutile dire; pertanto stendiamo una bella e buona scrittura dove si leggano specificati tutti i gravami che la legge ci porta e domandiamone la emendazione; poi non sarà male metterci in fondo a mo' di rammarichìo che gli avi consideravano gli operai come cristiani battezzati e fratelli da sovvenire sempre bene inteso col loro vantaggio, non già come santo Bartolommeo da scorticare con danno di loro e nostro; e ora che ho detto la mia, venga altri a dire meglio di me, chè io ci avrò gusto.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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