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      giungano sei per terziero; le tasche vecchie cessino, si facciano le nuove, e chi le deve fare fino da ora si elegga: finalmente, come il Gloria in fondo al salmo, perdono a tutt'oggi: le quali provvisioni riuscirono vinte agevolmente. Anche questo partito a cui satisfece e parve anco troppo, a cui no, essendo ormai risoluto di vivere di rapina; continuarono le soperchierie dei popolani, gli oltraggi, le morti, e vie e vie crescendo si diede mano agl'incendi e a tanto giunsero di esorbitanza che chi loro feriva o ammazzava aveva ad essere irremissibilmente punito, s'eglino i feritori e gli ammazzatori, dovevano del pari irremissibilmente andare assoluti. Alcuni cittadini accorgendosi ormai che a cotesto modo egli era pigliare il male per medicina, in numero di nove si trovarono a Forci villa del Buonvisi e fra di loro convennero di liberare da tanta abiezione il magistrato della patria, dando ai popolani tale un picchio sul capo da farne durare la memoria un pezzo; perciò, chiamati 500 fanti dalla Montagna e 300 da Camaiore, disposero che arrivassero sotto la condotta di Bernardo Pieroni sul fare del giorno alle porte della città quando si apriva, dove irrompendo, sforzassero la entrata e difilati si recassero al palazzo e lo custodissero tanto che nuova gente di fuori e i cittadini nobili si armassero per ingaggiare battaglia. Ma il trattato non fu tenuto segreto in guisa che la plebe non ne avesse fumo; per la quale cosa mille armati di tutto punto si trovarono ad impedirne lo ingresso: intanto anco gli avversari alla plebe armansi e si versano giù per le vie; chi urla che i Camaioresi intromettansi, chi no; schiamazzi e minacce per una parte e dall'altra; più volte abbassarono le aste per ferirsi e più appressarono la corda al fucile per isparare gli archibugi; sicchè la sgarrò proprio di un pelo che in cotesto giorno le strade non corressero sangue: e nulladimeno non accadde guaio; imperciocchè taluni cittadini, o timidi o prudenti, recatisi in fretta su le mura, ordinassero ai fanti della campagna in nome della Signoria si ritirassero, e quelli obbedirono: per questo accidente i nobili sbaldanzirono e presero a sbandarsi; a cui fugge, i cani mordono le gambe.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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