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      peggio era la tremarella continua che li rubassero: già parecchi erano spariti recandosi in più tranquilla stanza: e sebbene il governo accortosene facesse ardua la partenza, non per questo meno sgomberavano segretamente la pecunia e le preziosità loro; la quale paura crebbe oltre ogni confine allorchè la mattina vedevano le porte delle loro case segnate con tinta rossigna della parola desolabitur: ma questa infelice provvidenza a parecchi fu esiziale, imperciocchè i soldati preposti alla custodia delle porte, o sia che per opera di spie lo scoprissero o per istinto lo subodorassero di un tratto, avendo frugato ogni involto che fuori della porta si trasportava, trovarono il frodo, il quale per amore del bene pubblico (già s'intende) fra loro spartirono; chi si richiamava, legnate; modo spiccio e, bisogna pur dirlo, sopratutto efficace per fare star cheto chi dà fastidio: ancora, credendo di provvedere al futuro, pretesero che venisse loro stanziato il salario di 10 scudi per uomo a vita, e non sapevano che la rivoluzione dalla destra tiene un pennello per dipingere quanto gli salta nella fantasia, e nella manca una spugna per cancellare quanto il popolo non conferma.
      Intanto i magistrati, indegni dopo le ultime prove della suprema loro inettezza, vollero darne una di viltà; però deliberarono abbandonare il palazzo, lasciando lo stato in balia della plebe, e Bonaventura Micheli gonfaloniere, piangendo dirotto, ne mosse la proposta in consiglio, la quale udita dagli astanti, non ce ne fu uno che non recasse ambe le mani agli occhi e in singhiozzi non rompesse.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





Bonaventura Micheli