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      - Poi stato alquanto sopra di sè, riprese a dire, e non disse nulla, se togli che la città era condotta al verde, che il medico pietoso aveva fatta la piaga puzzolente e che ci bisognava provvisioni terribili; ma quali avevano ad essere e da quali eseguirsi taceva; invitati e supplicati gli astanti a palesare il proprio parere, uno su l'altro se la sgabellava peritandosi. Strano caso questo e da me come notato sovente, non ispiegato mai: se pigli uomo per uomo, ti accadrà rinvenirlo animoso e sapiente; metti insieme due o trecento uomini siffatti, e peggio se più, e piglieranno per ordinario deliberazioni codarde e stolte: sembra che a stare in gregge si diventi bestie; onde il titolo di onore egregio, il quale insomma che significa mai, se non fuori del gregge? Il cronista Civitali, da cui desumo questo racconto, forse per trafiggere la dappocaggine dei Lucchesi convenuti all'assemblea, scrive che tacevano aspettando che altri incominciasse a consigliare, e però consigliavano i consiglieri a manifestare primi il proprio consiglio(28). Allora salì in bigoncia Bonaventura Michele e parve non orasse, bensì camminasse per mezzo alle uova, tuttavia, comechè velato, aperse il concetto che il palazzo avesse a munirsi di presidio capace di opporsi agl'impeti dei sediziosi; gli oratori che gli successero a mano a mano presero cuore e favellarono(29) più aperto; un prete, il canonico Menocchi, riciso: all'ultimo uno avvocato, messere Cesare dei Nobili, il quale con lunga diceria espose che si sarebbe dato alla disperazione se non(30) confidasse nella misericordia divina, la quale avendo tante volte salva la Repubblica, non poteva fare a meno di tutelarla anco questa: e prima di tutto si confessava della colpa di avere favorito le ragioni dei popolari come quelle che gli erano parse giuste, e di questo errore domandava a tutti umilmente perdono; e qui cavatosi dal seno un batolo di taffettà di seta nera, se lo cinse al collo in segno di pentimento, e non fu certo penitenza grave: soggiungeva poi le intemperanze della plebe avere trapassato ogni termine di possibile pazienza, onde l'avrebbe fieramente perseguitata, come prima amorosamente l'aveva protetta; e certo dopo tanta longanimità di perdono altro non restava che adoperare il castigo, al quale si sarebbe potuto dare mano se come avevano il volere così possedessero il potere: dunque qui voglionci armi provate e fedeli che, messe a presidio del palazzo, ponessero il cervello a partito di quaranta o cinquanta tagliacantoni usi a mandare a soqquadro la città per campare di rapina.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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