Il Buonviso alquanto trafitto rispose con voce un cotal poco alterata:
Io qui stommi non per altro che per la libertà, come debito di ogni cittadino amorevole della patria; impertanto voi altri gridate pure con me: Libertà! libertà! E libertà gridarono, e il gonfaloniere se ne chiamò pago, come se libertà si radicasse negli urli; tuttavia questo ripiego venne in punto ad assicurare gli animi mareggianti, imperciocchè non si sentisse altro che acclamare ai Buonvisi, e ciò si temeva che fosse non senza segreto accordo: da cotesta benedetta libertà lucchese erano germogliati fuori tanti tiranni che a temerne uno nuovo non sembrava fuori di proposito. Una volta tranquillati sopra questo, gli anziani largheggiarono in ogni maniera di dimostrazione benevola, sicchè senza dar tempo al tempo con amplissimo decreto dichiararono Martino Buonviso liberatore della patria, autore della pace e padre del senato lucchese.
I patrizi lucchesi dovevano essere nella buona fortuna crudeli, però che si fossero mostrati nell'avversa codardi, e crudeli furono. Radunati in palazzo, proposero e vinsero le seguenti deliberazioni: si cerchino, si sostengano e si esaminino co' tormenti i colpevoli del rumore a San Martino il giorno della festa della libertà, dei tumulti a casa del signore Marzilla commissario imperiale, dello insulto a casa dei Franchi, del trasporto dell'artiglieria contro la casa Buonvisi, in fine dello assalto al palazzo, estimato il più nefario di tutti i misfatti; gli operatori di questo nel decreto appellavansi addirittura traditori della patria; chiunque citato non comparisca, reo di lesa maestà: e' ci correva da questo linguaggio a quello del dì in cui il gonfaloniere piagnendo voleva uscire di palazzo e lasciare lo stato ai cani, e lo avrebbe fatto se un popolano non gli rinfacciava la sua viltà; ma così va la fortuna.
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