Il cardinale Serafino certo dì narrava a Scaligero maggiore una assai piacevole avventura. Erasi stampata a Venezia l'opera dei Luoghi comuni di Filippo Melantone col titolo di messere Ippofilo di Terra Nera, cioè recando in volgare il cognome greco Melantone, che suona appunto terra nera, e capovolgendo il nome Filippo: piace il libro a Roma, dove per un anno intero vendesi in pubblico anzi, spacciatasi la prima mandata, ne trassero degli altri da Venezia; all'ultimo un frate francescano scoperse la ragia: da prima se ne levò uno scalpore grande, e nientemeno si parlava di mettere alla colla il libraio, il quale forse non avrà letto sillaba del libro; ma poi non se ne fece altro e si abbuiò la cosa col bruciare tutte le copie sopra le quali poterono mettere le mani. Così del pari accadde a Lutero, di cui la prefazione sopra l'Epistola di san Paolo ai Romani e il Trattato intorno alla giustificazione corsero un pezzo sotto il nome del cardinale Fregoso e piacquero. Le opere di Zuinglio circolarono un dì sotto il nome di Coricio Cogelio, e parecchie edizioni dei Commentari di Martino Bucero sopra i Salmi vendevansi in Francia come cosa di Aretio Felino.
Roma raddoppiava scomuniche da levare il pelo, e i librai audacia per provvedere libri proibiti, chè dove vi hanno pericolo e guadagno due maniere di gente corrono smaniose, i pirati e i librai, e non si sa bene se spinti più dal primo o dal secondo movente.
Valsero (come ogni cosa vale che purghi la mente dagli errori e allarghi lo intelletto) alla decadenza del tristo edifizio clericale le scoperte americane, i viaggi, le scienze ed i commerci impresi co' popoli comechè rimotissimi del mondo, e per altra parte valsero le guerre, le discordie dei principi, l'odio delle nazioni e il rovesciarsi delle une su le altre.
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