Ciò compito, si mise con voce magna a predicare a parte a parte, narrando le infamie, i parricidii, le scelleratezze, insomma tutti i delitti di rapina e di sangue onde la chiesa di Roma venne in abominio degli uomini e di Dio; e poi concluse obbligandosi di trasferire per via di testamento ogni sua potestà a Martino Lutero, perchè trovasse maniera di assettare questi sconci: egli solo capace a rattoppare la barca di san Pietro, egli solo pilota idoneo a condurla in porto così sdrucita com'era per colpa di coloro che, invece di custodirla, annegati nella gozzoviglia e nella lascivia l'avevano lasciata andare per persa; e all'ultimo disse: "Quelli che approvano le mie proposte alzino la mano in segno di consenso." Tutti levarono le mani così popolo come soldati gridando: "Viva il papa Lutero! viva il papa Lutero!" E fortuna volle che il papa e i cardinali non cascassero in mano a
quella bestia di Giorgio Furstemberg, uomo di ferro, che, partitosi dalla estrema Germania a capo de' suoi lanzichenecchi, portava attaccato all'arcione della sella un mazzo di capestri rossi ed uno d'oro, coi quali aveva giurato impiccare i cardinali e il papa; e lo faceva, ma non gli capitarono fra le ugne.
Ma via, gesti erano quelli e detti di gente iniquissima al papato, nè parrebbe dovessimo farne caso, se scrittori contemporanei, anzi magistrati, in occasioni solenni con termini del tutto pari non avessero vituperato la corte di Roma.
Il vescovo di Bari Stafilo, arringando gli auditori della Sacra Rota romana intorno alle cause dello eccidio di Roma, tra le altre cose diceva a cotesti prelati: "Ma orsù rispondetemi: donde derivano tutti questi casi? perchè tante sciagure ruinarono sopra di noi?
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