E giusto favellando della necessità di riformare i costumi chiesastici e della voglia che la curia romana aveva di farlo, merita essere da noi riportato un caso il quale da un lato dimostra il credito grande che si tiravano dietro le deliberazioni di cotesta città, e chiarisce dall'altro la fede pessima dei papi. Taluni Bolognesi avendo scritto a Giovanni Planitz ambasciatore dell'elettore di Sassonia in Italia circa la necessità di convocare il concilio, questa lettera mise tanto il campo a rumore che Paolo III per ischermirsi deputò tosto una commissione di quattro cardinali e di cinque prelati affinchè avvisassero sul da farsi; fra i cardinali il Caraffa. La commissione eseguì il cómpito con prestezza pari a lealtà; moltissime colpe accennò e molti rimedi propose; principalissima delle colpe da emendarsi dichiarò il cumulo degli uffici di cardinale e di vescovo; il rapporto della commissione si legge in parecchie raccolte ed ha per titolo: De concilio de emendanda Ecclesia iussu Pauli Tertii; fu stampato, pubblicato per comando del papa, ma nè papa nè cardinali lo mandarono nè manco per ombra ad esecuzione; dei cardinali che lo composero quelli che erano ad un punto vescovi continuarono a tenere mitra e cappello; il cardinale Polo avendo a scegliere tra cardinale e primate d'Inghilterra, conservò i due offici; e quel Caraffa così ferocemente rigido, diventato Paolo IV, condannò quanto aveva proposto cardinale teatino. Gran brava gente i preti! -
Non che la terra lombarda, pareva che san Pietro non potesse salvare dalla contaminazione nè manco quella terra che i preti chiamano patrimonio di lui: e però la storia testimonia propense alla Riforma le città di Faenza e d'Imola; in quest'ultima narrasi che un predicatore affermando come veruno potesse acquistarsi il paradiso tranne che in virtù delle opere buone, certo giovane gli arguì contro gridando: "Bestemmia!
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