Scopertasi la beffe, chiamata a quei tempi sacrilegio, Curio, subodorando che i sospetti facevano capo a lui, se la svigna a Milano; colà condusse donna di casa Isacchi ed ottenne una cattedra dove si acquistò bellissima fama: costretto a uscire di Milano per causa dalla invasione spagnuola, recossi a Casale e quivi dimorò alquanti anni oscuro; la morte di tutti i suoi fratelli lo persuase a tornarsi in Piemonte per raccogliere il paterno retaggio; glielo serbava un cognato, a cui per averlo troppo lungamente custodito ora sembrava proprio che fosse suo, onde invece di rendergli il patrimonio gli fece il tiro di accusarlo di eresia; e Curio da capo a scappare con arguzia e celarsi in Savoia. Certo dì trovandosi ad ascoltare la predica di un frate domenicano a Castiglione, avvenne che costui, seguendo il vezzo antico nè fin qui smesso di malmenare con calunnie Lutero, affermava la sua dottrina allargarsi fra i Tedeschi lurchi, perchè tollerante ogni libito più reo; a cui, non si potendo più tenere, Curio contrappose a voce alta:
Tu menti" Visto e preso: ai preti parve toccare il cielo col dito; pregustavano l'onore e l'odore che sarebbe loro venuto dal leppo di un atto di fede alla spagnuola, non meno che calcolavano i frutti del terrore; il diacono dell'arcivescovo di Torino si affretta a Roma per sollecitare la condanna; intanto, per assicurarsi che non gli scappi, lo consegna al fratello del cardinale Cibo, il quale da pari cura agitato te lo ficca in prigione coi ceppi ai piedi; ora ecco, mentre pareva per lui perduta ogni via di salvezza, sovvenirlo la fortuna: gli si gonfia una gamba tanto che il carceriere, giovane epperò non affatto tristo, ci ravvisa la necessità di liberarlo dal ceppo pesantissimo di legno: di che aveva a temere egli?
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