Le sono novelle, però anco sotto la tonaca del capuccino, come sotto il mantello di Diogene, talora la superbia si rannicchia. Per tanto prese a fastidire e messa e coro e orazioni; anzi a certo frate che, avendo notato com'ei si astenesse dalla preghiera, gli disse: "Andando ad amministrare la religione senza preci tu mi pari un cavaliere che vada senza staffe; bada alla cascata", l'Ochino rispose: "Chi fa bene prega", sentenza da legarsi in oro. Chiamato a Roma, pei conforti del Vermigli, non tiene lo invito, al contrario, gittata la tonaca alle ortiche, si rifugge a Ginevra; lo accolse esultante Calvino; ne dolse amaramente a Roma, la quale gli spedì su le calcagna per ricondurlo, ma indarno; intanto si pose mano a spegnerne gli alunni; dannato a morte un fra Bartolomeo da Cuneo; tutta la religione dei cappuccini subito cernita per isceverarne il grano dal loglio; per poco il papa non la soppresse affatto; le querimonie della sua fuga andarono a cielo; gli scrisse il Muzio e il Caraffa, prima cardinale, poi papa, ed è sollazzevole udire come questi lo vezzeggiasse col nome di cerbiatto e lo allettasse al ritorno sul colle degli aromi, il quale nel vocabolario della santa madre Chiesa significa catasta di legna; poi séguita coll'imprecare ai vitelli di oro e al culto degli alti luoghi; pesta mani e piedi perchè da ora innanzi non ci abbiano più ad essere Roboamo e Geroboamo, Gerusalemme e Samaria, ma sì un solo ovile ed un solo pastore; ragioni tutte, come ognuno vede, una meglio dell'altra per persuadere i più tenaci.
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