Indracati i satelliti romani mettono accusa formale contro il Martire avanti la corte di Roma; spedisconsi messaggi a sobillare la gente contro lui, i quali, come suole quando si tratta di mal fare, ottengono seguito sopra l'aspettativa, e principalmente tra i frati agostiniani, inveleniti contro il Martire perchè con la sua riforma gli aveva ridotti al canapo e (poichè tornava, almeno pel momento) si dava loro ad intendere agitassersi, la pristina libertà rivendicassero, chè in questo caso il rompere impune in ogni più sfrenato libito; nè stette guari che, convocata a Genova una congregazione generale dell'ordine degli agostiniani, ella citò il Martire, a comparirvi: ma il Martire, che quanto al nome ci stava, rispetto al fatto pare non gli garbasse, ed accivettato era, ed anco pei conforti dei suoi amici, assetta alla meglio le proprie faccende, poi si scansa a Pisa in compagnia del Lacisio, del Trebellio e del Terenziano; quinci scrive agli amici perchè procurino la libera partita a quanti dei correligionari intendano esulare con lui; per ultimo rimanda l'anello, insegna del proprio ufficio, affinchè non gli appicchino il sonaglio di avere fatto suo pro' della sostanza del convento; da Pisa a Firenze, dove con parlare succinto persuade l'Ochino a cansarsi a sua volta (la quale cosa egli fece due giorni dopo di lui), da Firenze per le Alpi retiche si conduce a Zurigo, a Basilea ed a Strasburgo, nella quale città ebbe accoglienze quali si costumano fra i perseguitati, chè gli uomini per amarsi bisogna che si sentano miseri.
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