Il papato, che tenne e vorrebbe sempre tenere le granfie fitte in Roma e gli occhi da per tutto, ora vede in Calabria la vetusta colonia dei Vadesi: erano circa quattromila agricoltori e pastori, gente di fatica e di Dio, semplice di cuore, innocentissima di opere; essi abitavano due terre San Sisto e la Guardia; antica la loro fede, diversa affatto dalla romana: dopo tanto secolo al papa saltò in testa di sottoporli all'alternativa di farsi cattolici o di morire. Le vie di mezzo non usano a Roma: vennero colà inviati due monaci; la storia ne ricorda il nome, io nol dirò, monaci erano, e basta; questi da prima si conducono a San Sisto, dove si mettono a predicare così: "Caccino via i loro sacerdoti, entrino in grembo della chiesa romana, ascoltino la santa messa; questo per ora, il resto impareranno più tardi; e se nol faranno per amore, di tanto stieno sicuri, che lo avranno a fare per forza." Alle parole ebbre, i Vadesi di San Sisto raccoltisi insieme dissero. "Donde a noi viene sì gran male? Da vivere dentro cerchia di mura fabbricate dalle nostre mani; per tanto non istiamo a bisticciarci con cotesti uomini, partiamci, lasciamo loro le nostre case, noi potremo vivere liberissimi nei boschi." E come dissero fecero. I frati se restassero mogi non importa dire, pure ripreso l'animo, divisarono recarsi difilato alla Guardia, dove appena intromessi ebbero cura di chiudere le porte; quindi esposero la missione loro come avevano adoperato a San Sisto, e mentendo aggiunsero che gli abitanti di cotesta terra si erano tutti senza eccezione ridotti alla loro volontà; imitassero anch'essi tanto bello esempio rinserrando l'antico vincolo di fratellanza fra loro: abbindolati così indegnamente, assentirono, se non che, in breve scoperta la frode, uomini donne e infanti irruppero verso la porta per raggiungere i fratelli nei boschi.
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