Citato a Roma nel 1546, il cardinale di Burgos lo esaminò intorno le sue corrispondenze con gli eretici, i sussidi loro somministrati, le raccomandazioni come precettori di tali che insinuatisi nelle famiglie sotto pretesto d'insegnare pervertivano la coscienza dei giovanetti, il favore fatto presso duchessa di Traietto in pro di due ospitati perchè il vero evangelo bandissero alle genti; ventura per lui che Paolo III beveva grosso ed impedì che il negozio inciprignisse: ma pecora segnata ormai egli era; ito in Francia, tornarono ad appiccargli le accuse; le quali a cagione della regina Caterina che gli si professava parzialissima poterono attecchire anco meno che a Roma. Poteva costà vivere tranquillo, ma i fati che strascinano gli uomini più che questi non credono e certo poi più che non vorrebbero, lo condussero di nuovo in Italia, farfalla intorno alla fiamma che lo aveva a incenerire; egli mise stanza in Padova, città ch'ei giudicava appartata dalle romane insidie epperò opportuna alla professione pacifica delle sue dottrine: s'ingannava, anco là la curia prese a perseguitarlo più implacata che mai; niente gli valse separarsi dai viventi o chiudersi nella solitudine o studiare le parole e i passi; l'odio, che non perdona mai, lo circondava come l'atmosfera. Il Gelido con queste pietose parole dava contezza di lui al Bibbiena segretario del duca Cosimo: "Molto spesso ragiono di lei con monsignor Carnesecchi, il quale è abbandonato, si può dire, da ognuno, eccetto da me, il quale tanto lo potrei mai abbandonare quanto la madre il suo figliuolo, amandolo quanto si può amare un vero amico, e certo non per beneficii che io abbia
| |
Roma Burgos Traietto Paolo III Francia Caterina Roma Italia Padova Gelido Bibbiena Cosimo Carnesecchi
|