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      Caduto in malebranche, il Carnesecchi, per bene due volte atrocemente provato con la tortura, confessò quello che vollero; spontaneo avrebbe detto tanto che mezzo bastava per arderlo. Però tormenti non valsero a denunziare complici, sè accusò solo. Cosimo, fosse vergogna o rimorso o piuttosto astutezza, contando coll'esagerare il sacrifizio fatto al papa ottenerne più lauto compenso, assai si dimenò per proteggerlo; e col mezzo del suo oratore veniva supplicando il papa considerasse la nobile prosapia dello accusato, il nome chiaro, la diuturna familiarità, un monte di donzelle del suo parentado da accasarsi, la servitù alla casa Medici, il grado illustre; e il papa, tutto bene considerato, rispondeva: che se avesse in mano uno che avesse morto dieci uomini non mancherebbe darglielo e concederglielo; il Carnesecchi non potere; e che se si avesse rispetto ai parenti ed alle famiglie, non si sarieno fatte esecuzioni come si sono fatte in molti signori. Onde il Serristori, che sparvierato uomo di corte era, presa lingua, scriveva al suo padrone per dissuaderlo da mettersi nella calca a farsi pigiare: "Non ci è verso alcuno di aiutarlo, e ciò che l'E. V. facessero non gli gioverieno, ma sì bene imbratterebbono in gran parte quella candidezza e gran volontà che con le opere hanno mostro contro questa pestilenza di eretici, per il che presso Sua Santità sono tenuti in concetto dei più cattolici principi che sieno in cristianità, la religione, virtù e giustizia dei quali da Lei si predica con ogni uomo.


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Vita di Francesco Burlamacchi
di Francesco Domenico Guerrazzi
Casa Editrice Italiana Milano
1868 pagine 355

   





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